Progetti per l’abitare contemporaneo, al Maxxi di Roma fino ad aprile 2020
La celebre Villa Malaparte a Capri in dialogo con il rifugio sulle Dolomiti dei giovani Demogo. I collegi universitari di Urbino di Giancarlo De Carlo con il progetto Sugar Hill di David Adjaye, ad Harlem. La Casa Baldi di Paolo Portoghesi a Roma con la casa “spaziale” di Zaha Hadid in Russia. Il Bosco Verticale di Stefano Boeri, a Milano, con la Moryama House di Tokyo.
Sono solo alcuni dei duetti di AT HOME. Progetti per l’abitare contemporaneo, il nuovo allestimento della collezione di architettura del MAXXI a Roma che fino ad aprile 2020 racconta l’evoluzione del concetto di abitare dal dopoguerra a oggi, le modificazioni, le evoluzioni degli spazi domestici e del modo stesso di viverli.
Attraverso un’analisi delle opere dei grandi maestri italiani del Novecento e delle figure emergenti nel panorama internazionale, l’esposizione presenta alcune delle risposte che gli architetti hanno fornito passando dall’abitare individuale a quello collettivo, con particolare attenzione alle esperienze più articolate e ibride che testimoniano i nuovi rapporti tra individuo e dimensione comunitaria.
Il gioco delle coppie
Un’esposizione che, tra passato e attualità, esplora la dimensione scalare e sociale dell’abitare: dall’individuale al collettivo, dal quartiere intensivo alle abitazioni unifamiliari, nelle quali spesso si è raggiunto il maggior grado di sperimentazione, come nella Casa Baldi a Roma, opera prima di Paolo Portoghesi che la mostra mette in relazione con The Capital Hill, la casa “spaziale” progettata da Zaha Hadid per il miliardario russo Vladislav Doronin e ultimata nel 2018, che svetta in mezzo alla foresta vicino Mosca.
Sono esposte opere realizzate da maestri dell’architettura come da architetti della nuova generazione: progetti lontani nel tempo e nello spazio ma assonanti e affini per metodo applicato, per contesto in cui sono collocati o per la ricerca formale che li associa, sono messi in diretta relazione visiva per offrire una ulteriore suggestione, in un ardito “gioco delle coppie”.
Il rifugio sulle Dolomiti dei giovani Demogo messo in relazione con la Casa Malaparte di Adalberto Libera, su uno scoglio impervio di Capri, può innescare una riflessione sulla potenza dell’elemento naturale nel condizionare le scelte di un progetto. Le case-manifesto costruite da due grandi architetti visionari come la casa-astronave di Luigi Pellegrin sulla via Aurelia e la casa-albero di Giuseppe Perugini, a Fregene, nella loro diversità di risultato possono raccontare le utopie e le immaginazioni di una particolare generazione di architetti italiani nel cui DNA vi era una dose di spericolata innovazione.
La cura di Carlo Scarpa nella scelta dei materiali e nella loro sapiente incastonatura può essere ritrovata nelle architetture ossessivamente curate nel dettaglio materico e spaziale delle case di Maria Giuseppina Grasso Cannizzo. L’attenzione alla dimensione collettiva di una comunità di studenti espressa da Giancarlo De Carlo a Urbino può infine dialogare con un edificio costruito da David Adjaye per una comunità di abitanti di Harlem, caratterizzato da una ricca offerta di spazi comuni.